La trasparenza amministrativa è un obbligo. Figuriamoci quindi se io ho qualcosa in contrario ad una discussione pubblica ed approfondita – commissione d’inchiesta o altro, poco importa – sull’annoso tema “piscine”. È l’occasione giusta per ribadire fatti, atti e vicende che sono già stati raccontati varie volte, anche durante l’ultimo consiglio comunale della scorsa consiliatura (con tanto di registrazione video disponibile on-line), ma che evidentemente si preferisce far finta di non aver colto. Tant’è.
Ciò che colpisce nella richiesta di istituzione di una commissione d’inchiesta consiliare depositata dal Consigliere di opposizione Federico Frigato, tuttavia, è la peculiare scelta del periodo su cui indagare: “… dalla chiusura del concordato fallimentare, avvenuta nel gennaio 2021, fino ad oggi”. Veramente curioso. Come a dare per scontato che le responsabilità che hanno portato a quegli eventi, e che ne hanno largamente condizionato gli sviluppi, non siano di alcun interesse. Forse perché – così gli fa eco il Vice-Sindaco Andrea Bimbatti – una commissione d’inchiesta sul caso “piscine” già c’è stata, nel 2013, e nelle parole di Paolo Avezzù, Luigi Paulon e Nello Piscopo, la responsabilità dell’accaduto fu “… in gran parte dei dirigenti e dei dipendenti del Comune” (La Voce di Rovigo, 01/12/2018)?
I lavori di quella commissione d’inchiesta Frigato li conosce bene, perché era in Consiglio e perché come Presidente della Commissione fu indicata Silvia Menon, eletta nella stessa coalizione che lo aveva candidato senza successo a Sindaco come rappresentante del gruppo “Rovigo si Ama” (corsi e ricorsi storici, direbbe qualcuno). Si potrebbe azzardare che Frigato sappia perfettamente, quindi, che quella commissione non poteva prevedere che la società Veneto Nuoto sarebbe fallita qualche anno dopo. Che questo avrebbe implicato l’obbligatorietà di attivare la famosa clausola di “surroga” del project financing a carico del Comune, che in quel 2013 era ancora solo un caso meramente ipotetico. Che al fallimento di Veneto Nuoto, dovuto alla mancanza di introiti di cassa tali da coprire le rate del mutuo contratto, ha contribuito il mancato pagamento di alcune annualità di affitto del ramo d’azienda da parte della società gestrice della piscina stessa. Che questo credito, rimasto scolpito nei libri contabili di Veneto Nuoto, è stato “ereditato” dal Comune dopo il concordato fallimentare e portato alla necessità di adire alle vie legali per recuperare il dovuto, prima per via bonaria e poi con richiesta di decreto ingiuntivo. Che nel maggio 2019 è stato rigettato il ricorso avanti la Corte d’Appello di Venezia con la quale il Comune ricorreva contro il giudizio del lodo che l’aveva visto nel frattempo soccombente. E così via.
La domanda allora non può non sorgere spontanea: poiché lo scopo di una commissione d’inchiesta comunale non può che essere quello di stabilire eventuali responsabilità politiche – le responsabilità civili, penali e contabili vengono accertate da altri soggetti, e ad essi chi si ritiene danneggiato può ricorrere in qualsiasi istante – come si può pensare di isolare i fatti a partire da una certa data e sorvolare completamente sui fatti e le responsabilità che li hanno causati?
Le cose, quando si fanno, bisogna farle bene: la verità politica sul caso “piscine” è ancora tutta da scrivere. Non è arrivato il momento di farlo?